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ATTENTATO A LONDRA. NE PARLIAMO CON LAURA QUADARELLA SANFELICE DI MONTEFORTE

a cura di Vanessa Tomassini –

L’agenzia Amaq vicina al sedicente Stato Islamico (Isis) ha rivendicato l’attentato terroristico alla fermata della metropolitana di Parsons Green, a Londra. L’agenzia ha dichiarato con toni ufficiali che “l’esplosione di una carica nella metropolitana di Londra è stata condotta da membri dello Stato Islamico”. Il comunicato è stato festeggiato con le esultanze, in rete, dei simpatizzanti jihadisti in Medio Oriente e in Europa. Secondo il “Mirror online”, gli islamisti parlano di “secchio bomba”, riferendosi all’ordigno semplice e mal costruito.
Mentre in rete viene diffuso il comunicato ufficiale di Isis, “dalle immagini – ci dice Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte – si vede un contenitore di quelli usati per la vernice, in plastica all’interno di una busta di una nota catena di supermercati. Da questa sorta di secchio fuoriescono dei fili, probabilmente collegati ad un timer”.
L’esplosivo ritrovato sulla carrozza della Tube ha creato una lieve deflagrazione e fiamme, ma avrebbe potuto creare danni molto più letali. Erano quasi le 9.00 di mattina, ora italiana, quando l’ordigno rudimentale è esploso a bordo del treno, mandando in ospedale 29 persone per ustioni ed escoriazioni.
In molti sono caduti, travolti da altri passeggeri, durante una fuga incontrollata generata dal panico. La polizia ha già fatto sapere che la bomba, fortunatamente, “non è esplosa del tutto”, anche se alcuni presenti descrivono una “palla di fuoco”. Otto delle ventinove vittime sono già state rilasciate, le altre non presentano gravi problemi.
Vista l’ora, sul treno erano presenti anche molti bambini, con gli zainetti in spalla diretti verso le scuole, ricominciate da poco. Il modus operandi dell’attentato sembra seguire le istruzioni del manuale per il terrorista solitario “Knights Of Lone Jihad”, il cui quinto numero è stato rilasciato lo scorso 10 settembre. L’attentato è sicuramente distante dalle modalità di esecuzione di quelli a Barcellona e Cambrils, del 17 agosto.
Abbiamo raggiunto al telefono Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte, professoressa di “Politiche di contrasto al terrorismo” presso l’Università Unicusano di Roma ed autrice di diversi volumi e monografie di diritto internazionale e geopolitica. Il suo ultimo libro si intitola “Perché ci attaccano. Al Qaeda, l’Islamic State e il terrorismo “fai da te””. L’esperta, oltre a darci un commento a caldo, ci aiuta a capire se ci sia stata, e quale sia, l’evoluzione del fenomeno terroristico tra al-Qaeda ed Isis.

– Dopo l’attentato alla Rambla, a Barcellona, si era pensato ad una nuova organizzazione di Daesh in termini logistici nella realizzazione di attentati. Quello a Londra di stamattina tuttavia vede l’impiego di un ordigno di bassa qualità e poco letale. Che cosa significa questo secondo lei?
Da ormai qualche anno assistiamo a varie tipologie di attacchi. Esaminando tutti gli attentati compiuti negli ultimi due o tre anni, sia in Europa che negli Stati Uniti, possiamo classificare tre tipologie di attacchi, inquadrabili come ‘terrorismo fai da te’. Quelli commessi in totale autonomia, semplicemente ispirati dai proclami di un gruppo terrorista. Quelli commessi secondo un diretto coordinamento dell’Islamic State o al-Qaeda, non dimentichiamoci che al-Qaeda è ancora operativo ed è quindi necessario considerare entrambi i grandi network. Ed infine quegli attentati che vengono compiuti in autonomia, pur avendo alle spalle un contatto, anche semplicemente informatico, tra l’attentatore e l’organizzazione terroristica, che poi riesce nelle ore successive – o nei giorni successivi all’attacco – a trasmettere un video, in cui il terrorista dichiara di operare per tale organizzazione, o fedeltà al suo leader. Questo è, soprattutto, quello che si è verificato con Isis nel corso della primavera-estate 2016. Non è detto poi che gli attentati compiuti in modo completamente autonomo siano meno mortali di quelli condotti, invece, in modo diretto, organizzato, pianificato a lungo da una cella terroristica. Pensiamo che tra gli attacchi completamente autonomi c’è quello di Nizza. In questo caso assistiamo ad una persona che prende un tir, utilizza una modalità indicata da un gruppo terrorista – e si badi bene, era stata al-Qaeda fin dalla fine del 2010 ad indicare tale modus operandi, e non Isis – questo soggetto senza dire di operare per uno o per l’altro gruppo, è riuscito ad uccidere 86 persone. Abbiamo avuto attentati invece diretti da organizzazioni jihadiste, come nel caso di Bruxelles del 2016, con un numero limitato di vittime rispetto a quello che era il potenziale esplosivo. Anche per via di alcuni errori commessi“.

– Lei ha parlato giustamente dei due grandi network. L’attentato di Madrid aveva lasciato intendere una collaborazione tra Daesh ed al Qaeda, che cosa ne pensa? C’è davvero una lotta tra le due leadership, o la perdita territoriale in Siria e Iraq ha affievolito i divari a favore di una causa jihadista globale?
La causa jihadista in fondo è la stessa, però la lotta per la leadership rimane. Abbiamo visto che fin dall’aprile 2013, quando è iniziato lo scontro tra al-Baghdadi e al-Zawahiri, e poi nel 2014, quando quest’ultimo si è autoproclamato califfo, questa lotta è aumentata. Il divario è aumentato. E si è arrivati nel territorio siriano-iracheno ad uno scontro diretto tra gli uomini di al-Qaeda e coloro che combattono per Isis. Uno scontro diretto che non riguarda le finalità, che sono le medesime, come obiettivi e nemici. Differiscono le modalità. Questa lotta si può affievolire, si è affievolita per delle temporanee circostanze, in cui assistiamo ad uno scambio di aiuti sul campo, quando si trovano a dover combattere un nemico esterno. Tuttavia i due gruppi, per un problema di leadership, sono ancora l’uno contrapposto all’altro e non c’è mai stata, in realtà nessuna forma di collaborazione in Europa. Non vedo l’esigenza per collaborare in Europa“.

– L’atto terroristico sembra rifarsi alle indicazioni del serial “Knights Of Lone Jihad”, che inneggia ad attacchi semplici e ripetibili. Stamattina Londra, ma sullo sfondo anche Parigi, dobbiamo aspettarci altri attacchi simili?
Sicuramente sì, ci saranno. Si può rispondere in maniera abbastanza semplice. Indipendentemente dalla pianificazione che ci possa essere da parte di una organizzazione o dell’altra, di singoli ragazzi radicalizzati che spinti da qualsivoglia motivo, trovano risposte nella causa jihadista e passano all’azione, ne abbiamo visti tanti e ne vedremo ancora tanti. La possibilità di poter utilizzare qualsiasi modalità operativa, rende estremamente facile la loro realizzazione. Spesso, fortunatamente, non riescono. Stamattina a Parigi un uomo armato di coltello, sembra abbia urlato ‘Allah akbar’ (in arabo “Dio è grande”), contro i soldati che lo hanno fermato, prima che potesse colpire qualcuno. Notizia di poco fa sembra ci siano stati un attacco con un coltello a Birmingham ed uno con un martello in una città della Francia, entrambi rivolti contro i passanti. Purtroppo questi episodi si ripetono, anche con una frequenza maggiore di quanto i nostri giornali riferiscono”.

– Anche subito dopo l’attentato alla Rumbla avevamo assistito ad un attacco in Russia. Sembrerebbe che ci sia un coordinamento fra questi attacchi. È così, o si tratta di semplici coincidenze?
A volte sì. In quel caso gli attacchi erano stati rivendicati. Nel caso di Barcellona, c’era stata la rivendicazione ufficiale di Isis, nell’immediatezza c’era stata una rivendicazione dell’agenzia Amaq, vicina a Isis che spesso rivendica attentati anche se non c’è un vero e proprio legame diretto, dicendo semplicemente che l’attentatore è un soldato del califfato. Questa è la rivendicazione che viene fatta solitamente nel caso di attentati commessi in totale autonomia o nei quali c’è un nesso mediatico. Due delle tre tipologie di cui parlavamo prima. Successivamente è stato rilasciato anche il comunicato ufficiale di rivendicazione e quindi si sarebbe trattato di un attacco del terzo tipo, di quelli coordinati e diretti dallo stesso Isis. L’attentato in Russia invece è stato rivendicato solamente dall’agenzia Amaq, che poi ha trasmesso un video che rivelava un collegamento mediatico. L’attacco alla metro di Londra, invece, è stato appena rivendicato dall’agenzia Amaq, con il solito breve comunicato, che non aggiunge alcun elemento non noto tramite i giornali e subito dopo c’e stato un comunicato ufficiale di Isis, entrambi parlano al plurale di attentatori e bombe, e forse per questo il livello di sicurezza e stato innalzato da severo a critico nel Regno Unito. Colpire in Europa con attacchi diretti, o anche solo ispirati dai propri proclami, è uno degli obiettivi di IS per il ritorno mediatico che questi hanno in termini di immagine, importantissima nella competizione con al-Qaeda. Isis vuole dimostrare di riuscire a creare terrore, oltre a dimostrare in termini di propaganda di essere in grado di colpire ovunque e in qualsiasi momento“.

– Un’ultima domanda sulla situazione del nostro Paese. Mi permetta il gioco di parole con il titolo del suo ultimo libro, perché non ci attaccano?
Premesso che nessun Paese è a rischio zero, molteplici sono i fattori, ad iniziare dal fatto che in realtà né al-Qaeda né l’Islamic State hanno mai minacciato direttamente il nostro Paese e quando è nominata Roma si deve capire che non ci si riferisce alla capitale della Repubblica italiana, ma a Costantinopoli, al Sacro Romano Impero… Diverso è però il discorso che riguarda il Vaticano, sempre più spesso indicato come un obiettivo da Isis (non da al-Qaeda). Quanto al nostro Paese, non va dimenticato che nella cartina che Isis diffuse nel 2014, raffigurante le conquiste a cinque anni, Isis colorò di nero tutte le terre che erano state in passato anche per brevi periodi sotto il dominio islamico, ma “dimenticò” la Sicilia. Secondo fattore, noi non abbiamo molti islamici di seconda generazione ed è tra loro che i gruppi jihadisti trovano ragazzi in cerca di un’identità, più facili da avvicinare e radicalizzare. Sono ragazzi che non si sentono pienamente occidentali, né pienamente musulmani e da entrambe le società non si sentono accettati. Terzo fattore, abbiamo un buon rapporto con le locali comunità islamiche, che recentemente hanno firmato con il ministero dell’Interno il Patto per l’Islam italiano. Infine, permettetemi di sottolineare la bravura delle nostre forze dell’ordine e delle nostre agenzie intelligence, che hanno un buon controllo del territorio, anche grazie all’esperienza acquisita nella lotta al terrorismo e alla mafia“.