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FINO A PROVA CONTRARIA – GIANCARLO CAPOZZOLI

Perchè ci attaccano? Una intervista alla professoressa Laura Quadarella Sanfelice sul “terrorismo fai da te”

I recenti attentati in Francia e a Vienna hanno fatto tornare alla ribalda della cronaca il problema del terrorismo in Occidente. Quel terrorismo fai da te, che negli scorsi anni ha seminato terrore nelle maggiori capitali europee. E che numerosi analisti e studiosi della materia continuano a indagare a fondo. Una delle fonti più autorevoli in Italia a riguardo è la professoressa Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte, che su questo tema nel 2013 ha pubblicato il libro “Terrorismo “fai da te” – Inspire e la propaganda online di AQAP per i giovani musulmani in Occidente” e nel 2017 “Perché ci attaccano. Al Qaeda, l’Islamic State e il terrorismo “fai da te””, entrambi editi da Aracne. Ci siamo sentiti per cercare di capire le questioni più a fondo, su ciò che riguarda il terrorismo degli anni passati, sia sugli scenari che potrebbero accadere nell’immediato futuro.

DOMANDA: Gentile Professoressa, innanzitutto: perché terrorismo fai da te?

RISPOSTA: E’ un fenomeno attivo purtroppo già da alcuni anni, in cui i terroristi sono persone, ragazzi perlopiù, che portano i loro attacchi direttamente al cuore dell’Occidente, ove vivono. Nasce verso il 2010, grazie all’azione di Al Qaeda, che per la prima volta inizia a pubblicare una rivista in lingua inglese come propaganda, indottrinamento formazione e istruzione di probabili terroristi in Occidente: la rivista Inspire, di Al Qaeda nella Penisola Arabica, che conteneva, e contiene, una sezione dedicata alle istruzioni operative per la realizzazione degli attacchi.

DOMANDA: Forniscono proprio istruzioni…

RISPOSTA: Sì, istruzioni per compiere attentati con diverse modalità: insegnano come costruire una pentola a pressione – bomba, come usare un kalashnikov, come investire passanti con un’automobile in un’isola pedonale affollata…

DOMANDA: Delle motivazioni sui perché decidono di compiere questi attacchi mi sembra evidente…

RISPOSTA: C’è da sottolineare che il successo di questi attacchi autonomi di ragazzi è garantito. Il risultato, voglio dire, è sempre positivo: genera, porta il terrore nel cuore dell’Occidente, indipendentemente dal numero di vittime che procura. E per il gruppo jihadista che li promuove inoltre non costa nulla né da un punto di vista strettamente economico, né da un punto di vista di rischi.

DOMANDA: Lei nel suo libro “Perché ci attaccano” sottolinea come questo terrorismo fai date sia stato rilanciato, per così dire, poi dall’ Islamic State…

RISPOSTA: Tra il 2014 e il 2017 c’è stato uno stillicidio di attacchi e di attentati. Ricordiamo ancora tutti la strage del Bataclan, di Charlie Hebdo, e ancora a Bruxelles e a Nizza…

DOMANDA: C’è un processo di radicalizzazione di questi ragazzi che compiono questi attentati?

RISPOSTA: Dietro tutti questi attacchi, c’è il terrorismo fai da te, ove ragazzi cresciuti in occidente passano all’azione in modo più o meno autonomo rispetto ad un’organizzazione jihadista, al termine di un processo di radicalizzazione interiore favorito e alimentato dalla propaganda jihadista online. C’è da sottolineare che per fortuna anche nei casi di attacchi pianificati dai gruppi jihadisti c’è un certo grado di autonomia di questi terroristi. Voglio dire… per “fortuna” perché compiono degli errori che riducono il numero di vittime, che altrimenti sarebbe ancora maggiore… Dobbiamo però evidenziare come talvolta attacchi condotti in modo totalmente autonomo hanno prodotto un numero molto elevato di vittime, come nel caso dell’attacco sulla Promenade di Nizza del 14 luglio 2016.

DOMANDA: Lei da molti anni studia questi processi di radicalizzazione…

RISPOSTA: Si studiano questi processi al fine di comprendere meglio il fenomeno, e molto utili sono anche alcuni elementi presenti nella propaganda jihadista. Ogni attentato ci dà una indicazione diversa. Ad esempio, nel caso di Nizza, si è vista, come detto, la autonomia dell’attentatore, quindi si è trattato di un vero e proprio caso di terrorismo totalmente fai da te: non si è riscontrato nessun collegamento né con Al Qaeda né con IS. In altri casi invece c’è stato un giuramento da parte dell’attentatore al Califfato, registrato prima di passare all’azione e poi trasmesso in qualche modo al gruppo jihadista, che ha rivendicato in seguito l’attacco, definendo il terrorista come un “soldato” del califfato. Il video di giuramento al califfato ci dice che c’è quantomeno un contatto informatico con l’organizzazione jihadista. In altri casi, infine, mi riferisco ad esempio alla strage del Bataclan, non c’è nessun dubbio che i terroristi fossero uomini dell’organizzazione di IS, che ha rivendicato l’attentato con un comunicato ufficiale pieno di dettagli e poi ha mostrato immagini e video di alcuni degli attentatori in mimetica nelle terre del Califfato nei mesi precedenti l’attacco.

DOMANDA: C’è una sostanziale modalità differente di attacco tra Al Qaeda e IS…

RISPOSTA: Le caratteristiche che emergono fanno evidenziare le profonde differenze che su questo aspetto vi sono oggi tra i due network. Innanzitutto il giuramento di fedeltà al califfato è un atto di propaganda che il gruppo stesso richiede. Ed inoltre, un attentato realizzato da uomini di Al Qaeda, non produce da alcuni anni a questa parte vittime casuali, ma solo uccisioni “legittime”, nella loro logica, ovviamente. Pensi ai due fratelli che hanno ucciso i giornalisti di Charlie Hebdo, avrebbero potuto uccidere anche altre persone della redazione e altri nei giorni della loro fuga, invece hanno colpito solo i giornalisti e la polizia. Non hanno fatto altre vittime. I loro attacchi erano mirati. E questa è una differenza enorme con i terroristi che agiscono in nome di IS.

DOMANDA: Lei nel suo testo sottolinea un ulteriore aspetto importante… la differenza tra homegrown terrorist e foreign fighters

RISPOSTA: E’ una distinzione importante, tra chi si è radicalizzato e addestrato direttamente in occidente, senza fare alcun viaggio e chi invece è andato a combattere, ricevendo un addestramento militare, e poi torna in occidente e non riesce certo a reinserirsi facilmente nella società da cui già era scappato perché radicalizzato. Nella maggior parte dei casi gli attentatori di questi anni sono stati semplici homegrown terrorist che hanno agito in modo autonomo, ma ci sono state eccezioni. Pensi agli attentatori di Parigi del novembre 2015, o di Bruxelles del marzo 2016. Alcuni erano homegrown terrorist, altri erano uomini che provenivano dal teatro di guerra iracheno e una volta rientrati hanno reclutato amici e parenti, perché erano stati inviati in occidente per fare esattamente questo. Hanno composto cellule, attaccato, e poi alcuni di loro dovevano ogni volta restare in vita per costituire nuove cellule per gli attacchi successivi.

DOMANDA: Veniamo agli ultimi attentati in Francia e a Vienna…

RISPOSTA: È terrorismo fai da te, nonostante in alcuni casi un probabile contatto informatico con IS, che non ha rivendicato tutti gli attacchi perché come sempre non rivendica se l’attentatore invece di morire come martire viene arrestato. Inoltre, c’è da sottolineare una differenza tra i vari casi. Per ciò che riguarda la Francia, si può parlare di ragazzi che sono passati all’azione in autonomia in un crescente clima di scontro, seguito alla pubblicazione di nuove vignette di Charlie Hebdo ritenute offensive per l’Islam. Uno scontro tra il laicismo francese, rivendicato dal Presidente Macron, e il radicalismo islamico.

DOMANDA: …una vera contrapposizione tra due mondi…

RISPOSTA: Sicuramente qualcosa che genera un clima in cui più facilmente si trova qualche giovane pronto a passare all’azione per rispondere alla chiamata ad attaccare la Francia. Si tratta di inviti arrivati da tutti i gruppi jihadisti, ma Al Qaeda ha criticato alcuni attacchi perché non si può colpire in modo indiscriminato né in un luogo di culto (pensiamo alla basilica di Nizza). AQ ha invitato ad attaccare ma nel rispetto della giurisprudenza.

DOMANDA: A Vienna invece?

RISPOSTA: Nonostante ci sia stato il terrore di un attacco da parte di una cellula composta da più uomini, alla fine le autorità hanno scoperto che ha compiere gli attentati in sei diversi punti della città è stato un uomo solo, dotato di armi automatiche. Un ragazzo austriaco con origini albanesi. Già condannato perché voleva andare a combattere con IS in teatro siro-iracheno e rilasciato dopo alcuni mesi. Un uomo senza una vera preparazione, che sembra avesse cercato di acquistare armi anche in altri paesi europei e poi la sera dell’attacco ha commesso fortunatamente molti errori, che hanno limitato il numero delle vittime.

DOMANDA: Eppure anche in questo caso l’IS ha rivendicato l’attentato…

RISPOSTA: L’IS come accennavo prima, si attribuisce spesso anche “meriti” che non ha, per il ritorno mediatico degli attacchi. In questo caso, comunque, il giovane attentatore aveva girato un video di giuramento di fedeltà al Califfo, che IS con un comunicato ufficiale ha poi mostrato attribuendosi il merito dell’attentato.

DOMANDA: Da parte di Al Qaeda, quale è stata la reazione dopo le vignette satiriche di Charlie Hebdo?

RISPOSTA: Loro chiedono rispetto. Rispetto della loro religione, a partire dal divieto della rappresentazione del Profeta. Al Qaeda chiede ai suoi uomini di attaccare la Francia ma nel rispetto della loro giurisprudenza. Come accennavo prima, oggi non permette attacchi ai civili e nei luoghi religiosi, di culto.

DOMANDA: Per quanto riguarda la radicalizzazione come ricerca di identità invece?

RISPOSTA: Studiando tutti gli attacchi portati contro l’Occidente da ragazzi nati e cresciuti in Europa emerge che il background di ognuno di loro è diverso. Come diverse sono le origini e le famiglie di provenienza e lo studio e la formazione di ciascuno di loro. Anche il ceto è diverso e non è pertanto la discriminante per la radicalizzazione. L’unico fattore comune è il disagio psicologico. Le faccio l’esempio dei famosi terroristi che erano originari del quartiere brussellese di Molenbeek. Ragazzi con passaporto europeo e origine marocchina, figli di una prima generazione che ha cercato invece di integrarsi, favoriti anche dalla conoscenza della lingua. Se da un lato questi ragazzi sono potenzialmente integrati, va sottolineato che in realtà non c’è una vera integrazione: loro stessi si rendono conto di non essere come i ragazzi europei e di non avere le loro stesse possibilità. Anche chi ha la possibilità di studiare difficilmente avrà le stesse possibilità di un ragazzo europeo. Questi ragazzi non si sentono accettati. La loro rivolta, la loro ribellione è diretta sia contro la società che non li accetta, sia contro le loro stesse famiglie che hanno cercato questa integrazione. Ed inoltre loro non si sentono accettati neanche nei paesi di origine dove vengono comunque percepiti come ragazzi occidentali. Sono rifiutati da tutti. Da entrambe le società.

DOMANDA: Il Califfato ha offerto loro il Paradiso…

RISPOSTA: Non è difficile capire che si sono sentiti accettati per la prima volta. Se e quando muoiono vanno direttamente in quel Paradiso tanto agognato. L’attacco lava tutte le colpe. Chiunque è stato accettato dall’IS. Questa è un’altra differenza sostanziale con Al Qaeda ad esempio, che prevede un lungo periodo di indottrinamento per entrare a far parte della organizzazione. IS ha dato uno scopo per vivere e per morire soprattutto. Prima di IS, infatti, non era un fenomeno così frequente.

DOMANDA: È prevedibile che ci siano ancora altri attacchi in Europa…

RISPOSTA: È fin troppo facile che altri attacchi saranno pianificati. Molti ragazzi sentono ad esempio la “chiamata all’azione” dei comunicati di IS, alcuni decideranno di rispondere.

DOMANDA: Come è la situazione in Italia, invece?

RISPOSTA: Rispetto ad altri Paesi europei, la situazione è buona. Non c’è in Italia una seconda generazione molto numerosa, ancora non c’è il disagio che vediamo in altri paesi europei. Non sono molti i giovani che potrebbero decidere di passare all’azione. Inoltre non c’è un così grave malessere sociale rispetto ad altre realtà. Ed inoltre c’è un buon rapporto con le comunità islamiche che collaborano con i Ministeri di competenza per evidenziare eventuali anomalie. Infine, non ci sono comunicati ufficiali di IS o Al Qaeda che chiedono di attaccare l’Italia in quanto tale, e anche quando una certa retorica del Califfato parlava di Roma intendeva la cristianità, l’occidente, non la Repubblica italiana. Il rischio zero però non esiste e tutto può succedere. L’attenzione deve restare comunque alta.

DOMANDA: L’attentatore di Nizza è passato dall’Italia…

RISPOSTA: Non ci sono mai stati evidenti collegamenti tra la rotta mediterranea dei migranti e il terrorismo, ma ovviamente il rischio che qualcuno parta per compiere un attentato c’è comunque, soprattutto per la meno rischiosa traversata dalla Tunisia, mentre lo escluderei per i viaggi dalla Libia.

DOMANDA: Secondo Lei, tra Al Qaeda e IS chi prevarrà?

RISPOSTA: Io credo che Al Qaeda nel lungo termine avrà una maggiore forza rispetto a IS. I vertici di AQ si muovono in modo più saggio e pacato rispetto alla violenza mostrata da IS. Hanno resilienza! Anche l’atteggiamento durante questa emergenza sanitaria, di vicinanza alle persone malate e di sostegno alla popolazione, può portare un nuovo seguito, come evidenziato nel mio recente libro “Il mondo dopo il COVID-19” (Mursia) di cui abbiamo parlato qualche settimana fa. Vedremo quali frutti gli atteggiamenti dei due grandi network del terrore porteranno nel lungo periodo, e ciò influenzerà anche il terrorismo fai da te, che per il momento continuerà purtroppo a produrre attacchi nelle città europee.