Il terrorismo fai da te – novembre – – Scarica il File in PDF
Il terrorismo “fai da te” tra Al Qaeda e l’Islamic State
Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte[1]
NOVEMBRE 2017
Gli attacchi degli ultimi anni e la paura
Un nuovo fenomeno sta minacciando le nostre città e conseguentemente modificando le nostre abitudini, sia a livello statale che di singoli individui: il c.d. terrorismo “fai da te”.
In Europa e negli Stati Uniti negli ultimi anni numerose città sono state vittima di attacchi terroristi di matrice jihadista, rivendicati talvolta da Al Qaeda e molto più spesso dall’Islamic State ma in realtà condotti a termine da giovani, quasi sempre con passaporto occidentale, definiti dai giornali “lupi solitari” perché hanno agito improvvisamente, ed apparentemente da soli.
Queste azioni hanno fatto crescere in tutti noi la paura verso qualsiasi giovane musulmano, immigrato di seconda/terza generazione o migrante arrivato da poco. Ma è lecito chiedersi se questa paura verso ogni giovani musulmano sia giustificata e, soprattutto, mentre il c.d. Califfato sta cadendo è opportuno inquadrare gli attacchi in un qualcosa di più complesso e articolato, che va oltre le azioni dei ragazzi che hanno colpito negli ultimi anni e i proclami dei singoli gruppi terroristi.
Una necessaria riflessione sul fenomeno del terrorismo “fai da te”
Se si studiano tutti gli attentati di matrice jihadista portati a termine negli ultimi anni in Paesi occidentali e si analizza l’enorme mole di materiale jihadista diffuso online nello stesso periodo, riservando un’attenzione particolare a tutto ciò che si riferisce agli attentati[2], si riesce a capire molto più di quanto si potrebbe immaginare e a fare delle “scoperte” che se confrontate a quanto comunemente si crede potremmo definire clamorose[3].
Emerge innanzitutto un elemento fondamentale per spiegare le ragioni profonde dell’attuale terrorismo jihadista, nonché dell’aumento di attentati in Occidente registrato a partire da quelle che (impropriamente) sono state definite “Primavere Arabe”: è ai conflitti interni all’Islam che è opportuno “guardare”. Si deve infatti comprendere che l’Occidente è attaccato principalmente guardando ai nemici dello scontro islamico, in quanto la propaganda è fondamentale e promuovere il jihad contro l’Occidente ed i suoi valori conferisce potere e visibilità all’interno della c.d. “galassia jihadista”, attualmente polarizzata intorno ad Al Qaeda (AQ) ed all’Islamic State (IS). Si tratta di una lotta intestina iniziata nell’aprile 2013 in seguito al tentativo operato da Al Baghdadi, capo dell’allora branca irachena di AQ, di annettere a sé quella siriana (Al Nusra), che invece ribadì la propria fedeltà ad AQ ed al suo leader, Al Zawahiri, che tentò inutilmente di riportare nei ranghi il gruppo iracheno. Come noto, lo scontro ha continuato a crescere e ha visto un’altra tappa cruciale a fine giugno 2014 con la proclamazione del Califfato, duramente criticata anche all’interno del fronte jihadista per la totale assenza di titoli che giustifichino il titolo di Califfo in capo ad Al Baghdadi.
Da allora AQ e IS, ed i combattenti che a loro si richiamano, sono stati in aperto contrasto, tanto da arrivare a fronteggiarsi anche in modo diretto in alcune aree di crisi, quali i teatri siro-iracheno, yemenita e libico. Ma ciò che rileva maggiormente è che le due organizzazioni centrali hanno ingaggiato una vera e propria competizione per la leadership della variegata galassia jihadista. In particolare, entrambi i gruppi hanno intrapreso un’importante campagna mediatica volta a portare dalla propria parte il maggior numero di nuovi combattenti e di organizzazioni terroriste, o almeno di loro battaglioni, con IS che ha operato una sorta di “campagna acquisti” che ha portato a stravolgere i sistemi di reclutamento. Per entrambi i piani, quello dei gruppi che vogliono affiliarsi e quello dei singoli giovani che si uniscono nella lotta, IS ha infatti cambiato le regole fino ad arrivare a sostituire quei rigidi canoni che AQ aveva sempre richiesto, e ancora oggi richiede, ai gruppi terroristi affinché potessero essere considerati ufficialmente affiliati dell’organizzazione centrale[4], ed ai giovani affinché potessero militare tra le sue fila[5]. Sono infatti principalmente due i piani sui quali si gioca la competizione tra AQ e IS, quello dei gruppi che giurano fedeltà ad uno o all’altro dei due network e quello del reclutamento di giovani che partono da ogni continente per andare a combattere con IS. Questi giovani si uniscono ad IS sia per costruire il “Califfato” sia per combattere contro gli “infedeli”: essi abbracciano la “causa” e la “lotta” portata avanti nei teatri di crisi di varie zone del mondo e, in Occidente, con il c.d. terrorismo “fai da te”.
È ovvio che in questa competizione tra Al Zawahiri e Al Baghdadi, e quindi tra AQ e IS, la pubblicità sia fondamentale: è infatti una battaglia condotta principalmente sul piano mediatico. I due network jihadisti operano non solo lanciando continue accuse al “rivale” per screditarlo, ma anche diffondendo proclami e messaggi sempre più accattivanti per attrarre nella propria sfera il maggior numero di giovani e di gruppi, ed ottenere la leadership della galassia jihadista. Ne consegue che in questa competizione ogni attacco spettacolare contro l’Occidente, e quindi contro gli “infedeli”, con il consueto shock dell’opinione pubblica occidentale che opera come cassa di risonanza, fa immediatamente aumentare combattenti e simpatizzanti e procura nuove dichiarazioni di fedeltà da parte di gruppi terroristici sparsi per il mondo, provocando defezioni in altri. Tutto ciò, inoltre, nel caso dell’IS aveva anche il merito di procurare nuove forze che gli consentivano di consolidarsi anche sul terreno, acquisendo un più stabile controllo sulle terre dell’autoproclamato Califfato.
Una cosa fondamentale da tener presente è dunque che in primis si attacca l’Occidente per prevalere sui nemici interni all’Islam, e ottenere così l’egemonia sulla ummah, la Comunità dei fedeli[6].
Ma dobbiamo quindi operare una fondamentale distinzione terminologica, si deve distinguere tra minaccia e rischio, due termini talvolta impropriamente usati come sinonimi, mentre rappresentano qualcosa di ben diverso: si deve infatti intendere per “minaccia” un’azione umana che implichi l’intimidazione attraverso la prospettazione di un danno, non sempre realizzabile[7]; mentre per “rischio” si intende la minaccia vista alla luce dello scenario, della sua realizzabilità. Detto ciò, se è vero che organizzazioni come AQ e IS nei loro comunicati minacciano direttamente l’Occidente, il rischio reale è quello che viene dall’imprevedibilità dei “lupi solitari”, siano essi homegrown terrorist radicalizzatisi in Occidente o foreign fighter di ritorno dai teatri di crisi. Le minacce di AQ e IS sono spesso irrealizzabili, diffuse per il solo fine mediatico, mentre il vero rischio che corriamo ogni giorno viene quindi dagli attacchi del c.d. terrorismo “fai da te”, che analizzeremo tra breve.
Va inoltre specificato come l’imprevedibilità delle azioni e la difficilissima individuazione preventiva dei probabili autori rendono questa tipologia di terrorismo estremamente efficace e difficile da prevedere, e sicuramente fanno sì che sia questo il vero rischio che l’Occidente si trova da alcuni anni a dover fronteggiare, mentre la maggior parte dei proclami è classificabile come sterili minacce materialmente irrealizzabili.
Se il terrorismo “fai da te” è qualificabile come quel terrorismo portato a termine in Occidente da giovani in modo più o meno autonomo, risulta opportuno porsi alcune domande, ad iniziare dal chiederci se i giovani autori di questo nuovo tipo di terrorismo si sono veramente radicalizzati in modo totalmente autonomo e, inoltre, se agiscono veramente in modo totalmente autonomo. Non si può rispondere a questi due quesiti senza considerare uno degli elementi fondamentali nella radicalizzazione di questi giovani e nei loro eventuali più o meno stretti legami con i gruppi jihadisti: il ruolo giocato da internet in più fasi, che vanno dall’indottrinamento, all’addestramento, all’indicazione degli obiettivi, all’eventuale ordine di passare all’azione, alla diffusione dei comunicati di rivendicazione. Ed è proprio studiando i comunicati diffusi online dai gruppi jihadisti e tutto il materiale distribuito in rete sia prima che dopo gli attacchi che si riesce anche a comprendere quali di questi siano veramente condotti da giovani terroristi in totale autonomia. E da questa analisi è altresì possibile capire chi e perché ha agito, classificando i vari tipi di attacco in base al legame degli autori con un gruppo jihadista.
Quanto a quello che abbiamo definito terrorismo “fai da te”, si deve innanzitutto spiegare che si tratta di una metodologia che è nata ed è stata per anni sviluppata soprattutto da quell’ala della branca yemenita di AQ (Al Qaeda nella Penisola Arabica) che faceva capo all’Imam con doppio passaporto statunitense e yemenita al Awlaki, fondatore della celebre rivista Inspire, pubblicata online a partire dalla primavera del 2010 per reclutare ed addestrare giovani che risiedono in Occidente. Inspire è stata la prima rivista jihadista scritta in inglese e tale scelta, oggi quasi scontata[8] ma allora rivoluzionaria, fu dovuta al fatto che voleva, e vuole, raggiungere tutti quei giovani musulmani che vivendo in Paesi occidentali non posseggono un arabo fluente, o quantomeno non sarebbero in grado di riprodurre le complesse fasi preparatorie di un attacco di volta in volta insegnate nella Sezione Open Source Jihad della rivista[9].
Abbracciato dal settembre 2013 anche da Al Zawahiri, e da IS fin dalla sua nascita nel 2014, grazie a ormai celebri proclami del suo storico portavoce Adnani, il terrorismo “fai da te” è oggi sostenuto tanto da AQ quanto da IS, sia perché costa loro veramente poco (e come dice Al Zawahiri dissangua economicamente l’Occidente)[10] sia perché, senza un grande dispendio né di soldi né di preparazione, un attacco commesso in Occidente fornisce un’enorme pubblicità.
Ma, e questo è il secondo fattore da considerare, a sua volta questa visibilità genera autonomamente quello che definiamo terrorismo “fai da te”: si tratta di un fenomeno che si autoalimenta. Se si pensa alle modalità con cui sono stati compiuti gli attacchi degli ultimi anni si comprende infatti facilmente quanto il fattore emulativo giochi un ruolo importante. Il c.d. terrorismo “fai da te”, dunque, promosso da AQ e IS nella loro lotta intestina, si alimenta a sua volta, e pur presentando sempre dei caratteri di autonomia, possiede molto spesso anche elementi che dimostrano lo stretto legame con i principali gruppi jihadisti, i quali dopo la realizzazione dell’attentato (talvolta indipendentemente dal suo successo) in presenza di un qualche elemento che possa ricondurlo al proprio gruppo terrorista pubblicano una rivendicazione.
Considerando pertanto che AQ e IS oggi sfruttano le azioni condotte in Occidente da homegrown terrorist[11] e foreign fighter[12] di ritorno, che sempre più spesso agiscono “in branco”, con gruppi composti da entrambe queste tipologie di soggetti, analizzando le rivendicazioni postate online dai due network si ottengono informazioni che consentono abbastanza facilmente di capire chi e perché ha colpito.
Il dato più rilevante che si ricava è che i giovani terroristi che hanno colpito negli ultimi anni in Occidente sono a volte direttamente manovrati da AQ o IS, mentre in altre si registra la mancanza di un collegamento diretto con una specifica organizzazione centrale, richiamandosi gli attentatori tanto ad AQ quanto all’IS, o in altri casi agendo ispirati da IS ma utilizzando manuali messi in rete da AQ, o obiettivi oppure modalità operative da essa indicati.
Prima di vedere più da vicino i risultati che si ricavano analizzando il materiale diffuso in rete dai gruppi jihadisti per gli attentati in Occidente, è fondamentale considerare il diverso approccio adottato dai due network jihadisti in tema di sostegno al terrorismo “fai da te”, laddove IS ha sempre chiesto ai giovani di giurare pubblicamente fedeltà al Califfato prima di passare all’azione, e anche quando non trova un collegamento di questi con la sua organizzazione, si attribuisce il merito dell’attacco, purché manchi un esplicito collegamento con AQ. Quest’ultima, sembra invece dai proclami e dalle rivendicazioni molto più attaccata alla promozione del jihad che alla pubblicità del proprio gruppo, tanto da non chiedere alcuna pubblica dichiarazione da parte degli attentatori e da specificare spesso che è irrilevante in nome di quale organizzazione agiscano.
Analizzando gli attentati condotti dal 2014 alla metà del 2017 in Paesi occidentali, e studiando soprattutto gli attentatori e il materiale diffuso in rete dai vari gruppi prima e dopo ogni attacco, emerge come si possa in prima battuta distinguere tra attacchi coordinati dai gruppi jihadisti e attacchi semplicemente ispirati alle loro idee. Ancorché solo i secondi siano totalmente “fai da te”, alla luce dell’impossibilità di decifrare ogni aspetto di tali attacchi e del fatto che comunque degli elementi di autonomia sono sempre presenti sia nella fase della radicalizzazione di giovani ragazzi che in Occidente decidono di attaccare il Paese in cui sono nati o comunque vivono da anni, sia nelle fasi operative dei loro attacchi, risulta opportuno annoverare come terrorismo “fai da te” anche gli attacchi coordinati da gruppi jihadisti. Si deve inoltre sottolineare come in Europa, anche per la vicinanza con i teatri di crisi e la maggiore possibilità di viaggiare tra il Vecchio Continente ed il Medio Oriente o Nord Africa, è molto più facile individuare esempi di entrambe queste tipologie di terrorismo “fa da te”. Al contrario, negli Stati Uniti quasi tutti gli attacchi appartengono alla categoria di quelli solo “ispirati” alle idee e ai proclami di Al Qaeda o dell’Islamic State. È comunque sicuramente difficile capire il grado di autonomia o di dipendenza/controllo di questi giovani, che colpiscono la terra in cui vivono, spinti all’azione dal fatto di sentirsi divisi tra due mondi, quello occidentale e quello musulmano, sentendosi in parte estranei da entrambi, e quindi non più totalmente parte di nessuno. Essi manifestano infatti un disagio psicologico più che sociale, che non deriva sempre da fattori economici, sociali o culturali, ma viene da quello che potremmo definire “bisogno di appartenere”, che sarebbe comune a ragazzi con background totalmente diversi, che in comune hanno la ricerca di un’identità e di qualcosa in cui credere, per cui vivere e per cui morire[13].
Analizzando i vari attacchi eseguiti in Europa tra l’autunno 2015 e l’autunno 2016 risulta ad esempio particolarmente semplice distinguere gli attacchi condotti da quella che possiamo chiamare cellula di Bruxelles-Parigi da quello stillicidio di attentati che si è registrato a partire dalla primavera 2016. La c.d. cellula Parigi-Bruxelles, con base nel quartiere brussellese di Molembek, è stata responsabile di numerosi attacchi tra la Capitale francese e quella belga, e soprattutto degli attentati condotti in modo coordinato a Parigi il 13 novembre 2015 e Bruxelles il 22 marzo 2016. Quando invece ci riferiamo a quella serie di attentati che si è registrata a partire dalla primavera 2016 in numerose città, soprattutto francesi e tedesche, con un picco tra il maggio e il luglio 2016, facciamo riferimento a tutte quelle azioni di giovani che con i mezzi più diversi hanno condotto a termine attentati in modo apparentemente autonomo.
Gli attacchi compiuti a novembre 2015 e marzo 2016 dalle cellule di Parigi–Bruxelles sono stati rivendicati in poche ore dagli organi mediatici ufficiali del Califfato, che hanno diffuso comunicati stampa ricchi di dettagli[14]. Entro pochi giorni, il gruppo di Al Baghdadi ha poi diffuso numerose immagini degli attentatori in mimetica, per mostrare la loro presenza nelle terre del Califfato nei mesi precedenti gli attentati.
Gli attacchi compiuti in Occidente tra il giugno ed il luglio 2016 non sono stati rivendicati attraverso gli organi mediatici ufficiali del Califfato, ma con comunicati diffusi su Telegram dall’Agenzia Stampa AMAQ, considerata molto vicina a IS. I comunicati, che non contenevano alcun riferimento particolare agli attentatori o alle modalità con cui l’attentato era stata condotto, si caratterizzano per l’utilizzo di alcuni termini ed alcune espressioni chiave: innanzitutto, si usano i termini “soldati” o “combattenti” del Califfato; inoltre, appare la strana formula iniziale “secondo fonte interna”, che attribuendo ad una fonte la veridicità della notizia non screditerebbe IS nel caso questa si rivelasse inesatta, e rende la rivendicazione quasi un’adesione piuttosto che una proclamazione di responsabilità. L’espressione presente nelle rivendicazioni sulla quale dobbiamo fermarci maggiormente è «executed the operation in response to calls to target nations in the coalition fighting the Islamic State», o «executed the operation in response to calls to target countries belonging to the crusader coalition», espressione con cui IS afferma che i giovani attentatori hanno agito in risposta all’appello lanciato da Adnani in maggio affinché venissero commessi attentati durante il mese di Ramadan. Uno o due giorni dopo gli attacchi, tranne nel caso di Nizza, Amaq ha sempre diffuso un video in cui gli attentatori prima di entrare in azione giuravano fedeltà al Califfato, o direttamente ad Al Baghdadi. Anche la registrazione del video con il giuramento, così come la realizzazione dell’attacco, fanno parte delle “risposte alla chiamata di compiere attacchi contro le Nazioni della coalizione”, ma il fatto che sia l’Agenzia Amaq a diffonderle significa che tra IS e gli attentatori c’è sempre stato un contatto prima dell’attentato, fosse pure solo una semplice email: da ciò sappiamo che gli attentatori e qualcuno all’interno di IS si sono sentiti prima degli attacchi.
Infine, un terzo tipo di attentati attira l’attenzione: quelli che non solo hanno solo rivendicazioni tramite Amaq, ma non sono seguiti da alcun video con giuramenti di fedeltà al Califfato. Tra questi il più noto e tragico è stato quello del TIR lanciato sulla folle assiepata sul lungomare di Nizza la sera del 14 luglio 2016 (che venne lodato anche da AQ, che gli dedicò un nuovo prodotto legato ad Inspire, chiamato Inspire Guide[15]).
Conclusioni: le diverse tipologie di attacchi in Occidente
Possiamo quindi schematizzare tre tipologie di attacchi del c.d. terrorismo “fai da te”:
– alla prima appartengono quelli diretti o quantomeno coordinati da AQ o IS, seppur con ampia autonomia nella scelta degli obiettivi e nella fase realizzativa. Sono quelli della già citata cellula Parigi-Bruxelles, che hanno agito per conto di IS[16], ma anche l’attacco alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, colpito nel gennaio 2015 da una cellula guidata da AQ;
– una seconda categoria è rappresentata da quegli attacchi che sono semplicemente ispirati da AQ o IS ma nei quali c’è un contatto almeno informatico tra gli attentatori e qualcuno delle due organizzazioni centrali (tra questi quelli per i quali IS trasmette alcuni giorni dopo un video in cui l’attentatore, per il resto privo di contatti diretti con il gruppo, giura fedeltà al Califfato);
– infine, si individua una terza categoria nella quale rientrano quegli atti esclusivamente ispirati ad AQ o IS (come nel caso di Nizza e di vari attacchi compiuti negli ultimi anni negli USA da attentatori che avevano materiali di entrambi i gruppi).
Si deve infatti concludere sottolineando come tali giovani agiscono spesso senza distinguere tra i vari gruppi, operando semplicemente in nome di quel jihad che tanto gli è stato inculcato, diventano così loro malgrado parte della lotta intestina al mondo jihadista favorendo mediaticamente l’uno o l’altro. Pertanto il jihadismo come manifestazione del fondamentalismo islamico violento sopravvivrà alla sconfitta di IS nel teatro siro-iracheno e, anche alla luce del ritorno di migliaia di foreign fighter, nel prossimo futuro si manifesterà sempre più con attacchi del tipo di quello che chiamiamo terrorismo “fai da te”.
[1] Le opinioni espresse si riferiscono all’Autrice, e non corrispondono necessariamente alla posizione dell’Amministrazione di appartenenza.
[2] Vanno studiati proclami, rivendicazioni, magazine e video, sia antecedenti che posteriori rispetto agli attentati stessi.
[3] Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte, Perché ci attaccano. Al Qaeda, l’Islamic State e il terrorismo “fai da te”, Aracne Editrice, Roma, seconda edizione, 2017.
[4] AQ dedica da sempre ampio spazio alla purezza religiosa, prevede per chi si vuole unire ad essa un lungo indottrinamento religioso.
[5] IS è il campione della redenzione e dell’accettazione immediata: il passato non conta, IS promette di lavare le colpe, rendendo chiunque si unisca al suo progetto degno del Paradiso. È quindi ovvio che per un adolescente alla ricerca di una qualche forma di appartenenza, IS attrae perché fornisce accettazione istantanea e costituisce una rapida via di fuga dalla realtà: se ci si unisce ad IS si avranno immediatamente forza, potere e rispettabilità.
[6] Solo in seconda battuta si attacca per impedire che le azioni degli Stati occidentali ostacolino la ricostruzione del Califfato, ma non è questa la ragione principale degli attacchi realizzati in Occidente.
[7] Nel diritto penale si parla di reato impossibile per “inidoneità all’azione”.
[8] Tra le riviste scritte da IS in lingue diverse dall’arabo si ricordano, ad esempio: Dabiq, la rivista in lingua inglese, che avendo il pubblico più ampio di rivolge un po’ a tutto l’Occidente ed ai giovani che vi vivono; Dar al-Islam, la rivista in lingua francese, che ha chiaramente la Francia come soggetto ed interlocutore principale; Constantinople in Turco; Istok (ИCTOK) in Russo; Kibernetiq in Tedesco. Dall’autunno 2016 tali riviste sono state tutte sostituite dalla rivista Rumiyah, che fino alla caduta di Mosul è uscita con cadenza mensile fissa contemporaneamente in una decina di lingue (tra cui inglese, francese, tedesco, turco, indonesiano, russo, pashtun, uiguro, urdu.
[9] Per approfondimenti si veda Quadarella Sanfelice Di Monteforte Laura, Il terrorismo “fai da te”. Inspire e la propaganda online di AQAP per i giovani musulmani in Occidente, Aracne Editrice, Roma 2013.
Tra gli articoli più celebri di tale sezione si ricorsa quello dal titolo “Make e bomb in the kitchen of your Mom”, con cui nel primo numero vennero date le istruzioni per la costruzione della pentola a pressione-bomba.
[10] Nel settembre 2013, nel corso del video-messaggio per il 12° anniversario degli attacchi dell’11 settembre, Al Zawahiri inneggiò per la prima volta agli attacchi condotti in Occidente da giovani “lone mujahid”, invitando quindi ogni giovane musulmano residente negli Stati Uniti a compiere tali attacchi. Nel suo messaggio il dottore egiziano si concentrava su quello che definiva il “punto debole” degli Stati Uniti: l’economia. L’economia americana sarebbe stata secondo Al Zawahiri traballante a causa delle spese militari e di quelle per la sicurezza, e quindi gli Stati Uniti andrebbero tenuti costantemente sotto pressione, con attacchi che li colpiscano “qua e là”, “dissanguando” così l’economia statunitense con modalità che ad Al Qaeda invece “non costano nulla”.
[11] Terrorista homegrown è quel terrorista che si è radicalizzato ed addestrato direttamente in Occidente, dove vive e spesso è anche nato, senza mai essere andato all’estero ad addestrarsi o a combattere.
[12] Letteralmente un foreign fighters è un combattente straniero in un teatro di crisi. Nel nostro caso rientrano in tale categoria tutti quei giovani che dopo essersi radicalizzati sono partiti per andare a combattere al fronte in nome del Jihad; essi divengono degni di interesse nel momento in cui tornano o si recano in Occidente e la loro pericolosità deriva da vari fattori, tra cui l’aver ricevuto un addestramento militare ed i problemi di reinserimento nella società dovuti al c.d. fenomeno del reducismo.
[13] A fronte di profonde differenze socio-economiche dei giovani attentatori e delle loro famiglie di origine, che spesso odiano perché li hanno illusi di potersi inserire in Occidente, fattore comune in tutti questi giovani è la ricerca di appartenenza ad una cultura, per loro che non sentono di appartenere pienamente né alla società occidentale né a quella musulmana e da entrambe non si sentono accettati: si tratta di giovani che non si sentono né inseriti in Occidente, né buoni musulmani osservanti. Ciò fa nascere un odio profondo per la società occidentale e una speranza per la vita che invece il “puro Islam” offrirebbe sia in caso di vita, con il Califfato, sia di morte, con la vita dopo la morte.
[14] I comunicati sembrano andare leggermente oltre a quanto si apprende dalla stampa, fornendo dettagli noti solo agli organizzatori degli attacchi.
[15] Uscito varie volte dalla primavera 2016, non è una rivendicazione, ma una lunga analisi delle operazioni, evidenziandone gli aspetti positivi, da ripetere, e quelli negativi, da modificare per prossimi attacchi della medesima tipologia.
[16] Sappiamo che IS ha un’agenzia intelligence specializzato in azioni all’estero, il cui nome o acronimo in arabo sarebbe EMNI.