scarica il file in pdf – presenza del vaticano e peso dell’italia – maggio 2025 – cucchi
Brevi riflessioni del Generale Cucchi su come si potrebbe rafforzare il peso del nostro Paese anche beneficiando della presenza del Vaticano nel nostro territorio, prendendo spunto dall’azione diplomatica che ha messo l’Italia al centro dell’interesse internazionale nelle settimane che hanno visto il cambio di guardia tra due Pontefici[1]
L’Italia e la scala da costruire
Gen. C. d’A. Giuseppe Cucchi
Il vortice di interesse internazionale che si è creato intorno a Roma, ed in particolare alla Città Leonina, in queste settimane di cambio della guardia fra due Pontefici, ha evidenziato come meglio non si poteva un fatto che di norma sfugge all’attenzione degli osservatori.
Se da un lato si è infatti soliti deplorare gli svantaggi – e sono tanti! – che derivano dalla convivenza sul medesimo territorio di una potenza medio/piccola come l’Italia con il centro direzionale di una Chiesa Cattolica, che è per moltissimi aspetti una grande potenza, dall’altro si dimentica come proprio questa convivenza possa, se intelligentemente utilizzata, conferire alle nostre iniziative un peso che altrimenti esse non raggiungerebbero mai.
Una recente pratica riprova di quanto detto la troviamo, ad esempio, nel recente successo diplomatico della nostra Presidente del Consiglio che, muovendosi a margine delle cerimonie connesse alla scelta di un nuovo Papa, ha saputo indirizzare la presenza a Roma di alte autorità provenienti da tutto il mondo verso colloqui che trattavano temi ben diversi da quelli religiosi.
Che poi alla fine essi portino a conseguire dei risultati, e soprattutto i risultati che tutti speriamo, ciò è ancora, come si diceva un tempo, “nel grembo di Giove”.
È stata però in ogni caso aperta una nuova strada che nel futuro occorrerà non dimenticare.
Del resto in questa scelta noi siamo favoriti dal fatto che il nuovo Pontefice non è un italiano, e quindi non rischia di rimanere invischiato nella nostra piccola politica locale – un fatto che aveva trasformato la CEI del Cardinale Ruini in una catena da forzati e per il Vaticano e per il nostro Paese – ma rimane invece libero di dedicarsi a temi di ben più ampio respiro.
Tra l’altro sarebbe anche tempo che l’Italia, come tutti gli Stati del sud europeo marginalizzata dall’allargamento della UE nonché dagli avvenimenti che negli anni più recenti hanno interessato e in parte coinvolta la sua frontiera nord orientale, trovasse la voglia e la forza per ricordare a tutti i paesi membri dell’Unione come il nostro continente abbia anche un fronte mediterraneo, altrettanto agitato e a media/lunga scadenza forse più pericoloso dell’altro.
Aspirazione facile a dirsi, ma di sicuro non altrettanto facile da realizzare.
Perché il nostro Paese possa sperare di avere successo in tal senso occorrerebbe infatti che esso potesse presentarsi sulla scena europea con un peso politico che non è certo quello che potremmo totalizzare agendo da soli ma che potremmo invece sperare di raggiungere se intorno a noi riuscissimo a raggruppare tutti coloro che come noi sono e si sentono danneggiati da questa focalizzazione a senso unico dell’interesse, nonché delle risorse, europei in direzione nord est.
Chi potremmo cercare di imbarcare sul nostro “battello mediterraneo”?
L’elenco a pensarci bene è abbastanza lungo considerato come esso comprenda la Spagna, la Grecia, il Portogallo, Malta, Cipro e tutti i paesi balcanici adriatici.
Con particolari riserve si potrebbe poi pensare anche di allargarci fino a comprendere altresì la Turchia, i paesi balcanici del Mar Nero e persino la stessa Francia, che in fondo è nordica soltanto nella sua parte sopra la Loira mentre a Sud di essa resta mediterranea.
Infine, come accennato in precedenza, si potrebbe anche tentare di muoverci all’unisono con il Vaticano che vedrebbe certo di buon occhio una maggiore presenza europea a fianco dei diseredati delle sponde sud ed est del nostro mare.
Teoria? Tutti i progetti, e soprattutto quelli nuovi, rimangono soltanto teoria sino a quando non si tenta di metterli in pratica.
Ambizione? Certo, ma cosa c’è di male nella ambizione allorché essa è diretta unicamente a far conseguire al proprio paese la posizione che per tanti aspetti l’Italia avrebbe il diritto di occupare nel consesso europeo?
Impossibilità di conseguire, almeno nell’immediato, il risultato che ci sta a cuore? Probabilmente, ma di sicuro una azione sostenuta da un gruppo di paesi di congruo peso non potrà mancare di produrre almeno parte degli effetti desiderati. Le scale possono essere lunghe ma se si ha pazienza di affrontarle un gradino, od un piolo, alla volta alla fine si arriva sempre in cima.
[1] Mediterranean Insecurity ha il piacere di ospitare delle brevi e personali considerazioni del Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Cucchi, già Direttore Generale del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio.